..troppo forte la tentazione di affrontare l'argomento apertura dell'anno accademico all'università di roma da parte dell'illustrissimo ed oscurantissimo prof. joseph ratzinger...avrei sollevato forse un altro polverone anticlericale..che però non fa mai male..declino quindi le mie attenzioni su una delle vicende + tristi,spiacevoli e figlia dei tempi grami che stiamo vivendo..accaduta sul finire dell'anno appena passato...la morte dei 7 operai della thyssen krupp di torino..ebbbene dato che al peggio nn c'è mai fine ecco cosa sta succedendo ora che per i mass media l'attualità dell'evento è finita..che al telegiornale c'è solo pattume,in tutti i sensi..volentieri posto quest'intervento tratto dal blog di un giornalista dell'espresso...troppo di sinistra???o (pur)troppo realista???..
L’arroganza senza fine di ThyssenKrupp
Non essendo riusciti ad ammazzarlo, i vertici di ThyssenKrupp vogliono denunciare Antonio Bocuzzi, l’unico scampato al rogo dell’acciaieria torinese. La sua colpa? Andare in giro a raccontare che gli estintori erano vuoti e che il citofono interno per chiamare aiuto non funzionava.
In altre parole, che i dirigenti se ne fottevano della sicurezza.
L’arroganza del neo capitalismo a volte raggiunge vertici che parevano inarrivabili. Del resto, sul sito Internet dell’azienda è riapparsa (dopo i primi giorni in cui era stato listato a lutto) la vecchia e ipocrita vetrina in cui - e questo è il colmo - si assicura che «l’interesse per la sicurezza è sempre stato molto vivo nella storia della nostra azienda (…) con particolare riguardo alla prevenzione degli infortuni ed al miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro».
...ma non è finita..ecco lo sccopo di quest'altra comunistissima giornalista del corrierone che è entrata in possesso di questo documento privato interno dei vertci dell'azienda tedesca..
TORINO - Un'analisi riservata interna sulla situazione politica italiana, sulle reazioni sindacali e sociali e sull'atteggiamento dei media all'indomani del rogo della ThyssenKrupp che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre è costato la vita a sette operai. Il documento — cui contenuti, se confermati, sembrerebbero testimoniare meglio di qualunque altro materiale l'atteggiamento assunto dalla casa madre tedesca nei confronti delle sue filiali italiane e in particolare dell'acciaieria torinese in via di dismissione — è stato sequestrato giovedì scorso a Terni nel corso delle perquisizioni sia in fabbrica sia nelle abitazioni private dei tre massimi dirigenti italiani (l'amministratore delegato Harald Espenhahn, Gerald Priegnitz e Marco Pucci) del gruppo già iscritti per omicidio e disastro colposo nel registro degli indagati. Nella nota, redatta in tedesco o forse tradotta in questa lingua proprio per renderne più rapida la lettura a tutti i manager interessati, si analizza la storia e la realtà della città di Torino, dove esiste — registrano i funzionari ThyssenKrupp — «una lunga tradizione sindacale di stampo comunista », e dove già negli anni precedenti alla tragedia le «condizioni ambientali» apparivano sfavorevoli al mantenimento dell'attività produttiva. Non mancano i cenni remoti alla storia italiana e torinese degli «anni di piombo», nei quali chi firma l'analisi ricorda come alcune delle pagine più sanguinose del terrorismo brigatista siano state scritte proprio a Torino ad opera dell'eversione.
Poi si passa a esaminare la situazione dei 20 giorni di dicembre che hanno fatto seguito alla tragedia, durante i quali il sacrificio degli operai, le loro condizioni di lavoro, le dichiarazioni di dura condanna da parte delle istituzioni e delle forze politiche e sindacali italiane hanno occupato le prime pagine dei giornali e dei telegiornali. Ai vertici aziendali che dalla casa madre di Essen, in Germania, hanno evidentemente richiesto elementi per poter meglio valutare la situazione e per poter quindi decidere la propria strategia sia di comunicazione sia legale, lo sconosciuto relatore dell'analisi trasmette i propri commenti.
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