sta diventando peggio della vita in diretta...
dalla gazzetta dello sport(?) on line di oggi..
BERGAMO, 23 novembre 2007 - Il vino, dicono, aiuta a raccontare la verità. E allora dopo due prosecchi, una bottiglia di Valcalepio, sette grappe “morbide”, tre caffè corretti con Vecchia Romagna Etichetta Nera, una boccia di Brunello e una di Barbera (annata 2003), qualcosa di vero deve saltar fuori. Il primo punto è questo: se vuoi trascorrere una giornata con quelli della Curva Nord Atalanta 1907, con il Bocia e i suoi bocia, non puoi essere astemio. Benvenuti nelle giungla di Bergamo, tra quelli che prima di Atalanta-Milan già aveva fatto a botte con la polizia, quelli che poi hanno tirato su un tombino, hanno spaccato un plexiglass. Benvenuti tra le belve nerazzurre, tra gli ultrà duri e puri, quelli che se c’è un casino ci sono. “Noi siamo atalantini, poi anche bergamaschi”, racconta Claudio Galimberti, 34 anni, giardiniere, detto il Bocia perché lui in curva è entrato che era un ragazzino. Il presidente Ruggeri vuole riempire la Nord di bambini. “Che novità è questa? Io non avevo neppure la carta d’identità, ma già giravo l’Europa. Sono andato a Malines, a Lisbona. E quella volta che volevo dare dei calci contro la portiera di una Ritmo bianca, contro quelli che erano saliti da Bari per una cazzo di partita di coppa Italia? E’ successo che mi sono preso uno schiaffone dai miei capi, perché quelli erano in cinque e avevano fatto tutta quella strada e io li dovevo rispettare”. Il Bocia conosce a memoria ogni formazione della Dea, che poi è l’Atalanta e conosce pure ogni angolo della sua città e non vede l’ora di farti scoprire le vie strette e le piazze e i ciottoli di Bergamo Alta, “che è tutta una città di preti, ma non potrei mai vivere altrove”.
LA ROCCA - Il Bocia conosce la città Alta e quando passa davanti ai portici della biblioteca Angelo Maj racconta: “Qui ho fatto il militare”. Sì, il leader riconosciuto degli ultrà dell’Atalanta ha fatto servizio civile, “perché sarà difficile da credere, ma a me non mi piace la violenza, a me piacciono gli scontri, che sono una forma di protesta contro una società di merda”. Il concetto va approfondito. Ma intanto sei già alla Rocca, che pare il punto più alto di Bergamo Alta. “Qui noi diffidati veniamo a vedere la partita. Vediamo le coreografie, sentiamo i cori e vediamo solo metà del campo, ma se sei "daspato" non hai alternativa e devi fartelo bastare. Veniamo qui, portiamo una "boccia" di vino, godiamo se l’Atalanta vince e godiamo comunque, perché quel che conta è stare insieme, fare gruppo”.
IN MORTE DI UN ULTRA’ - Ah, il Bocia alla Rocca non va spesso. Lui ha la diffida, ma alla domenica gioca a pallone. Fa il centrocampista “di quantità”, nel Bonate, in prima categoria. La squadra la allenava suo fratello, ma domenica scorsa lo hanno esonerato. Due domeniche fa stava in panchina: numero 15, la distinta l’hanno mandata subito in questura, come sempre. Ma ieri la Digos ne ha richiesta un’altra copia. Due domeniche fa, all’autogrill di Badia al Pino, un colpo sparato da un agente della Polstrada ha ammazzato Gabriele Sandri, 28 anni, ultrà della Lazio. La storia del tombino e del plexiglass è iniziata così. Il Bocia allo stadio non ci poteva andare e non c’è andato, ma prima di giocare si è visto con quelli del suo gruppo, vicino al Baretto (ora chiuso per “aggregazione ultrà”), davanti allo stadio Atleti Azzurri d’Italia. Il Bocia racconta: “Quella mattina sono arrivate tutte le notizie più disperate, distorte ad arte, sbagliate. Prima hanno detto che uno juventino aveva sparato a un laziale e allora ho pensato che tutto era davvero finito. Poi hanno raccontato una mezza verità e quando hanno seppellito quel ragazzo hanno tirato fuori la storia delle pietre nelle tasche. Come puoi avere fiducia in questo Stato? La partita contro il Milan non si doveva giocare, non si doveva giocare nessuna partita. Hanno fatto così per la morte di Raciti ed era giusto fare così anche per un ultrà. Non abbiamo rimorsi. Voglio solo chiedere scusa a quelli che erano nella curva e non erano d’accordo, voglio solo chiedere scusa ai tifosi dell’Atalanta, questo sì. Ma ora ci trattano come le nuove Brigate Rosse e questo per un pezzo di plastica spaccato. No, non è giusto”.
L’INCONTRO CON CASTELLI - Fuori dall’ultimo bar, davanti alla fontana del Delfino, sotto un ombrello, passa Castelli, l’ex ministro di Grazia e Giustizia. “Oh, ministro diglielo tu che a Bergamo non siamo dei delinquenti”. Il ministro saluta e sorride. “Che cazzo avrai da ridere...”. Il Bocia non ne ha più voglia, sente una “strana aria”, sa che arriveranno altre diffide e che altri finiranno in carcere. “Se tocca a me stavolta mollo tutto”. Lo dice e ci beve su.
LA ROCCA - Il Bocia conosce la città Alta e quando passa davanti ai portici della biblioteca Angelo Maj racconta: “Qui ho fatto il militare”. Sì, il leader riconosciuto degli ultrà dell’Atalanta ha fatto servizio civile, “perché sarà difficile da credere, ma a me non mi piace la violenza, a me piacciono gli scontri, che sono una forma di protesta contro una società di merda”. Il concetto va approfondito. Ma intanto sei già alla Rocca, che pare il punto più alto di Bergamo Alta. “Qui noi diffidati veniamo a vedere la partita. Vediamo le coreografie, sentiamo i cori e vediamo solo metà del campo, ma se sei "daspato" non hai alternativa e devi fartelo bastare. Veniamo qui, portiamo una "boccia" di vino, godiamo se l’Atalanta vince e godiamo comunque, perché quel che conta è stare insieme, fare gruppo”.
IN MORTE DI UN ULTRA’ - Ah, il Bocia alla Rocca non va spesso. Lui ha la diffida, ma alla domenica gioca a pallone. Fa il centrocampista “di quantità”, nel Bonate, in prima categoria. La squadra la allenava suo fratello, ma domenica scorsa lo hanno esonerato. Due domeniche fa stava in panchina: numero 15, la distinta l’hanno mandata subito in questura, come sempre. Ma ieri la Digos ne ha richiesta un’altra copia. Due domeniche fa, all’autogrill di Badia al Pino, un colpo sparato da un agente della Polstrada ha ammazzato Gabriele Sandri, 28 anni, ultrà della Lazio. La storia del tombino e del plexiglass è iniziata così. Il Bocia allo stadio non ci poteva andare e non c’è andato, ma prima di giocare si è visto con quelli del suo gruppo, vicino al Baretto (ora chiuso per “aggregazione ultrà”), davanti allo stadio Atleti Azzurri d’Italia. Il Bocia racconta: “Quella mattina sono arrivate tutte le notizie più disperate, distorte ad arte, sbagliate. Prima hanno detto che uno juventino aveva sparato a un laziale e allora ho pensato che tutto era davvero finito. Poi hanno raccontato una mezza verità e quando hanno seppellito quel ragazzo hanno tirato fuori la storia delle pietre nelle tasche. Come puoi avere fiducia in questo Stato? La partita contro il Milan non si doveva giocare, non si doveva giocare nessuna partita. Hanno fatto così per la morte di Raciti ed era giusto fare così anche per un ultrà. Non abbiamo rimorsi. Voglio solo chiedere scusa a quelli che erano nella curva e non erano d’accordo, voglio solo chiedere scusa ai tifosi dell’Atalanta, questo sì. Ma ora ci trattano come le nuove Brigate Rosse e questo per un pezzo di plastica spaccato. No, non è giusto”.
L’INCONTRO CON CASTELLI - Fuori dall’ultimo bar, davanti alla fontana del Delfino, sotto un ombrello, passa Castelli, l’ex ministro di Grazia e Giustizia. “Oh, ministro diglielo tu che a Bergamo non siamo dei delinquenti”. Il ministro saluta e sorride. “Che cazzo avrai da ridere...”. Il Bocia non ne ha più voglia, sente una “strana aria”, sa che arriveranno altre diffide e che altri finiranno in carcere. “Se tocca a me stavolta mollo tutto”. Lo dice e ci beve su.
dal nostro inviatoGiampiero Timossi
caro amico...sei troppo profondo!!!anch'io avrei voluto essere li ad insultare il nanoschifoso insieme a te!!
RispondiEliminaun giglio bianco x due occhi blu...
RispondiEliminaun saluto alla signora prandelli...vai cesarone!!!!
un giglio bianco x due occhi blu...
RispondiEliminaun saluto alla signora prandelli...vai cesarone!!!!
un giglio bianco x due occhi blu...
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